[Note di lunedì n.89] Quella degli Area è musica difficile, che non ti viene incontro. Musica dissacratoria, carica di contenuti politici e di intenzioni rivoluzionarie, figlia di un epoca complicata e piena di conflitti. Non è facile ascoltare Arbeit macht frei senza pensare alla cornice in cui è stata composta. Se ci riusciamo possiamo però apprezzare un brano jazz-rock di rara bellezza.
Arbeit Macht Frei si apre con un’introduzione della batteria sulla quale prende forma il primo riff (1’24’’). Poco dopo inizia l’assolo del sassofono (2’30’’), presto affiancato da pianoforte e chitarra per un’improvvisazione collettiva molto avvincente (3’01’’).

Il secondo riff ha un tempo più lento ed è la base per la parte cantata (4’33’’). Il testo riprende la celebre frase scritta all’entrata del campo di concentramento di Auschwitz “Il lavoro rende liberi” utilizzandola in modo provocatorio per sostenere che la anche società apparentemente libera nasconde in realtà una forma di schiavitù. Era il 1973 e gli Area partecipavano a modo loro alle lotte del movimento operaio.

Il terzo riff (5’55) è suonato un tono sopra, il pezzo infatti modula da Bb minore a C minore. Su questo accompagnamento possiamo ascoltare un infuocato assolo suonato col sintetizzatore.

L’assolo si conclude su una frase più fitta, basata questa volta su figure di semicroma (6’50”). Questo passaggio ricorda i King Crimson e le sonorità del progressive rock.

Sebbene il brano sia molto libero e ricco di assoli, la serie dei riff è tutt’altro che casuale. Le frasi si fanno via via più complesse, lunghe e ritmicamente interessanti, con un crescendo che culmina nella frase di semicrome, bella ed efficace.
La musica degli Area risente sicuramente del contesto nella quale è nata e cresciuta, per ascoltarla bisogna immergersi in quel mondo e trascurare alcuni contenuti che sono oggi superati. Questo sforzo sarà però ripagato perché ci permetterà di apprezzare a pieno una band eccezionale, una delle migliori band rock italiane di tutte i tempi.
Arrivederci al prossimo lunedì!
Buongiorno Maestro, disco eccezionale che lo pone tra i migliori “italiani” e non solo, di sempre. Comunque si possono sentire anche un po’ di Gentle Giant in alcuni passaggi. Un’ultima cosa: ma l’assolo sul terzo riff non un synth? Mi pare che la chitarra di Tofani doppi il basso di Djivas. Grazie. Lorenzo
Ciao Lorenzo, riascoltando credo proprio che tu abbia ragione e che l’assolo non sia affatto di chitarra ma col synth. Il suono un po’ distorto mi ha tratto in inganno! Grazie mille per la correzione.
Coincidenze che coincidenze non sono.
Che bello Leo!
…1 MAGGIO…faccio parte di quella categoria di persone che oggi ha lavorato… questa canzone mi trasmette con facilità la sua rabbia…. non c’è cosa più svilente per un essere umano che fare un lavoro che detesta…. il brano è molto bello… proviene dall’ epoca in cui esisteva ancora gente che credeva nei diritti umani… oggi la gente si sveglia e pensa alle caviglie di ibraimovic…. buon lavoro a tutti
Ciao Davide, grazie del saluto. Questa volta con un po’ di amarezza, mi dispiace. Un caro saluto ed un abbraccio