Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica
Walter Benjamin scriveva nel 1936 L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, un brave saggio che analizzava alcuni fenomeni legati in particolar modo alla diffusione del Cinema. Molte delle sue osservazioni sembrano essere ancora valide, sebbene molto sia cambiato nel mondo della musica.
A distanza di ottant’anni, le riflessioni di Benjamin si adattano molto bene alle modalità con cui oggi si ascolta/consuma la musica.
La tesi principale di Walter Benjamin
La tesi principale di Walter Benjamin è calata nel dibattito e nella lotta politica della sua epoca. Benjamin sostiene che per il fascismo l’arte è essenzialmente celebrazione della guerra, quest’ultima strumento per mantenere l’ordinamento sociale basato sulla proprietà privata. Lui auspica invece una politicizzazione dell’arte, tesa ad educare le masse alla rivoluzione comunista.
Questa tesi è evidentemente legata ad un mondo che non esiste più, tuttavia alcune lungimiranti osservazioni di Walter Benjamin sembrano descrivere molto bene alcuni fenomeni che stiamo vivendo oggi.
1. La perdita dell’Aura
Walter Benjamin sostiene che l’arte in seguito alla sua riproducibilità perde la sua “aura“. Grazie alle tecnologie viene meno una delle qualità storicamente associate a qualunque forma d’arte, il “qui ed ora”, l’opera d’arte perde così il suo significato rituale. Il suo valore intrinseco (l’arte prodotta affinché esista) viene sminuito a favore del suo valore espositivo (l’arte creata per essere veduta). Di conseguenza, la funzione di intrattenimento prevale su quella propriamente artistica e culturale.
2. La perdità dell’aura oggi: tutto e sempre
Il titolo del saggio di Walter Benjamin può oggi essere parafrasato in: L’opera d’arte nell’epoca della sua disponibilità illimitata. Infatti la possibilità di consumare arte è cresciuta ulteriormente grazie alla diffusione di internet e degli smartphone, in un modo che Walter Benjamin non poteva neppure immaginare.
Tramite questi strumenti, musica e cinema possono essere fruiti praticamente in qualunque luogo e momento. A questo si aggiunge che abbiamo a disposizione tutto e sempre, almeno per quanto riguarda la musica: servizi come YouTube e Spotify ci mettono a disposizione immensi archivi, quando vogliamo.
Questa disponibilità illimitata porta alle estreme conseguenze il fenomeno che Walter Benjamin chiamava “perdita dell’aura”. L’opera d’arte, contenuta nel nostro telefono, non ha più nulla di magico. E’ magico casomai lo strumento che ci consente di accedere ad essa.
L’Aura dell’opera d’arte tuttavia si prende la sua rivincità: mentre la disponibilità illimitata online di musica ha fortemente ridimensionato la vendita di dischi, l’interesse per gli spettacoli dal vivo non è affatto in calo, tutt’altro. L’essere umano pare avere ancora bisogno del “qui ed ora”, del contatto magico con l’artista e la sua opera, nell’esatto momento in cui viene creata.

3. La ricezione nella distrazione
Uno dei concetti più interessanti proposti da Walter Benjamin e quello di “ricezione nella distrazione“. Rendendo riproducibile l’opera d’arte in qualunque luogo e momento, il pubblico si adatta ad una fruizione meno intensa ed attenta di quanto non accadesse in precedenza.
Benjamin si riferiva essenzialmente al Cinema, oggi fa sorridere pensare ad una persona seduta in un cinema come ad un fruitore distratto. Lo definirei infatti un ascoltatore decisamente attento, se paragonato ad un viaggiatore che guarda un film sullo smartphone in metropolitana, un minuto alla volta tra una fermata e l’altra.
La “ricezione nella distrazione” trova conferma nell’ampia diffusione delle serie TV. Fino a poco tempo fa destinate a riempire spazi poco importanti dei palinsesti televisivi, da alcuni anni sono diventate produzioni importanti e costose, seguitissime in tutto il mondo.
Una parte del successo delle serie TV risiede nella prevedibilità: conosciamo già i personaggi, possiamo prevedere le loro azioni ed immaginare come reagiranno ad una data situazione. La serie TV richiede assai meno attenzione di un film, consente appunto una “ricezione nella distrazione” ancora maggiore.
Lo stesso vale per molte forme di comunicazione multimediale. La presenza di più forme di comunicazione integrate tende a colmare una minore attenzione del pubblico.
Ecco che i video su YouTube si riempiono di link e pulsanti, funzioni in realtà sono già presenti in altri punti della pagina. Mentre guardiamo un video, probabilemente siamo così distratti che se il pulsante “iscriviti” non appare nel momento giusto e nel punto giusto, probabilmente ci “dimenticheremo” di iscriverci.
YouTube rappresenta il punto più alto (o più basso) di “ricezione nella distrazione”. Almeno per ora…
4. Conclusioni
Il saggio di Walter Benjamin è un grande classico nell’analisi dei Media, non del tutto superato malgrado i suoi ottanta anni ed i radicali cambiamenti avvenuti. Una lettura che ci può aiutare a recuperare un po’ di senso critico e di consapevolezza sui fenomeni che viviamo, come fruitori e/o creatori di musica.
Se sei arrivato in fondo a questo articolo anche se è privo di finestre pop-up, suoni e luci appariscenti, forse vorrai lasciare la tua opinione nei commenti qua sotto. A me farà certamente piacere sapere come la pensi.
Leo ciao, alcune considerazioni pop. Oggi è cambiata la disponibilità dell’opera musicale, la sua riproducibilità e il tempo ad essa dedicato. Da un lato abbiamo l’elettronica che ci aiuta a riprodurre brani sempre “uguali a se stessi” e non deteriorabili, ma allo stesso tempo, spesso fruiti in modo distratto, mnemonico. Ecco che la musica eseguita dal vivo assume ancora più rilevanza rispetto al passato, per il semplice fatto del qui ed ora: della unicità dell’esecuzione, delle infinite gradevolissime inattese imprecisioni e variazioni che dal vivo si verificano e che ognuno di noi può attraversare in maniera unica e irripetibile. Potrebbe essere arrivata qui l’aura che molti di noi ancora oggi cercano, anziché isolarsi negli automatismi di un lettore mp3…
Ho letto l’articolo ma non l’opera. Sull’argomento ho la mia idea personale in quanto musicista e attore amatoriale. Quello che è avvenuto è la perdita del senso di “dovere” spostato al “dovuto”. Spiego. Con l’arrivo dei mezzi di comunicazione gratuiti e la spregiudicatezza di coloro che hanno abbattuto il muro del diritto d’autore con la pirateria il “dovere” del fruitore nei confronti di un opera di pagarne la fruizione o il godimento è stato soppiantato dal concetto di “io sono un potenziale fruitore quindi l’utilizzo o il godimento mi È DOVUTO”. Una volta se si voleva apprezzare un opera la di acquistava oppure molto prima bisognava pagare l’artista affinché venisse in casa. Adesso basta un telefono. Chi ancora ha una educazione, ha una cultura,e apprezza va al cinema o ai concerti e paga gli artisti. Chi non capisce che un lavoro va pagato, lo pretende gratis. Ecco io farei lavorare loro gratis. Un intero settore è morto e persone hanno perso il lavoro per colpa di questa categoria
Molto interessante l’articolo, penso che Benjamin non abbia tutti i torti sulla “distrazione” nel fruire l’ascolto di musica o la la visione di un video o di un film…però è anche vero che abbiamo nelle nostre mani dei strumenti tecnologici che ci fanno immediatamente spaziare e fruire dei contenuti artistici sparsi per il mondo. Non credo che ciò possa togliere “Aura” ad un’opera d’arte, credo che dipenda sempre dalla nostra educazione e sensibilità , quindi benvenuta tecnologia…
Se posso dire la mia io credo che oggi l’aura classicamente intesa è invece totalmente deprivata. Ri-leggendo or ora il saggio, appena acquistato, mi è venuto in mente il santino o le repliche dei crocifissi. E il bizzarro rapporto sacro-replica infinita (vedi le varie schegge de La vera Croce o i frammenti delle tuniche di s. Antonio). È possibile una nuova aura? A mio mediocrissimo parere Warhol riscontrò un’aura nel prodotto nato riproducibile e quindi non nato come unicum. Per me la sua saggezza è tutt’ora incompresa dai più così come il valore politico della sua concezione. Il fatto è che oggi i laboratori artistici (vedi i corsi iuav nella mia città) auralizzano il non areolato. Un contrappasso per troppi secoli di irriproducibilità sostanziale? Uno svelamento nei confronti di una illusione? Quella dell’aura? Posso solo dire che come sempre nulla di valido come alternativa è stato realizzato a livello collettivo, credo. Un vuoto è stato definito ma forse abbiamo addormentato il naturale senso di fame dell’Unico
Attendo i suoi pensieri, quando vuole! Intanto la ringrazio per aver letto l’articolo