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Armonia e Teoria musicale

Jim Grantham Jazzmaster Cookbook, recensione e guida allo studio

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Il Jazzmaster Cookbook di Jim Grantham è un libro di teoria ed improvvisazione jazz, un manuale molto corposo ed ambizioso. In questa recensione spiego perché ne consiglio la lettura e lo studio, ma anche quali sono i limiti che possono rendere complicati anche concetti relativamente semplice e portare un allievo principiante ad essere ancora più confuso di prima.

Il Jazzmaster Cookbook unisce consigli generali, teoria e notazione, armonia, aspetti specifici del repertorio jazz, analisi della forma, suggerimenti di composizione. Purtroppo la volontà di allargare i confini a terreni molto diversi dello studio musicale ne compromette la chiarezza. A volte i diversi ingredienti sono mescolati in modo un po’ disordinato, e specialmente per un principiante può essere difficile orientarsi.

Pregi e difetti del Jazzmaster Cookbook di Jim Grantham

Il limite più grande del Jazzmaster Cookbook è nel tipico approccio americano a tonalità e scale modali. Tutta la didattica americana, dagli Aebersold al metodo Berkeley, tende a fare confusione tra modale e tonale. Lo scopo di questo approccio è semplificare la materia, ma questo in realtà allontana l’allievo dal comprendere realmente quello che accade in un brano tonale.

Jim Grantham affronta in modo confuso e fuorviante anche il modo minore, proponendo un approccio eccessivamente semplicistico che non consente di comprendere tutte le sfumature delle tonalità minori.

Si tratta dunque di un libro scadente che non merita di essere studiato? Assolutamente no! Una volta presa coscienza dei punti più controversi, e se viene studiato in modo critico, il Jazzmaster Cookbook offre numerosi spunti utilissimi. Alcune parti di questo lavoro sono addirittura eccezionali.

Andiamo dunque a vedere quali sono i punti di forza e di debolezza di questo metodo. Questa recensione del Jazzmaster Cookbook vuole dunque essere anche una sorta di guida allo studio, passo dopo passo, per aiutare l’allievo a trarne il massimo beneficio, superando le difficoltà generate dai punti più oscuri o parziali.

Andiamo adesso ad analizzare le parti più interessanti, capitolo per capitolo.

Capitolo 4, la differenza tra tonale e modale

Nel capitolo 4 si afferma quella confusione tra modi e gradi della scala, così tipica della didattica americana. Dagli Aebersold ai metodi Berkeley, fino al Jazz Piano Book di Mark Levine, l’approccio americano mescola due mondi distinti, il tonale ed il modale, con lo scopo di semplificare le cose ma sortendo l’effetto opposto.

Ad esempio, secondo questo approccio la progressione II V I, ad esempio Dm7 G7, C utilizza tre scale: D dorico, G misolidio, C ionico. In realtà si tratta di una semplice scala di Do maggiore, ed anche sugli accordi di Dm e G7 la scala di riferimento è sempre quella di Do. Modalizzare i diversi gradi della scala all’interno di un pezzo tonale è un’operazione del tutto inutile ed addirittura dannosa.

Grantham Jazzmaster Cookbook esempio 01

Vediamo qua sopra due modi diversi di interpretare la progressione II V I. Nel primo caso, ogni accordo ha la sua scala. Nel secondo, siamo sempre sulla scala di Do maggiore anche quando partiamo dal II o V grado

Lo stesso Grantham afferma che “la relazione tra tonalità e modalità è spesso ambigua”, in realtà lui stesso sta consolidando questa ambiguità, ormai cristallizzata in decenni di didattica americana.

Capitolo 5, la scala/accordo per Jim Grantham e il Jazzmaster Cookbook

Sviluppando quanto affermato nel capitolo precedente, il Jazzmaster Cookbook prosegue proponendo dieci scale-accordo di base.

1) lidia
2) ionica
3) misolidia
4) dorica
5) eolia
6) frigia
7) locria
8) diminuita
9) esatonale
10) minore melodica

Questo sistema delle scale/accordo è assai poco efficace e si affianca alla teoria delle avoid notes, ovvero note che andrebbero evitate quando si improvvisa su determinati accordi. In realtà le avoid notes non sono ammesse come tensioni in un dato accordo ma dal punto di vista melodico possono essere utilizzate senza alcun problema.

Perché modalizzare a tutti i costi non funziona

Un altra prova della fragilità del sistema scala/accordo emerge quando Grantham parla dei vamp modali. Ad esempio, per il vamp lidio il Jazzmaster Cookbook propone la progressione Imaj7 Vmai7. Significa che per esprimere un modo lidio di Do, bisogna suonare gli accordi di Cmaj7 e Gmaj7, come nell’esempio qua sotto.

Grantham Jazzmaster Cookbook esempio 02 modo lidio

In realtà se suoniamo queste due scale in sequenza il nostro orecchio riconosce il Cmaj7 come quarto grado di Gmaj7, e tutto ci suona immediatamente come un IV I nella tonalità di Sol maggiore, e non certo come un modo lidio di Do. E’ dunque più semplice, da tutti i punti di vista, pensare queste due scale come appartenenti alla tonalità di Sol maggiore, come nell’esempio qua sotto.

Grantham Jazzmaster Cookbook esempio 03

Un’altra inesattezza pericolosa la troviamo quando Grantham mescola 6 e b7 sugli accordi minori, senza precisare che questa variazione cambia la funzione dell’accordo. Nel contesto tonale, un accordo m7 ha funzione di II, III o VI grado, mentre quello m6 ha funzione di I o IV grado.

Il Jazzmaster Cookbook e le quindici Scale di riferimento. Ma servono davvero tutte?

Oltre alle 10 scale/accordo principali, il Jazzmaster Cookbook propone un sistema più ricco basato su 15 scale. Sette sono le scale modali ricavate dalla scala maggiore, a queste si sommano:

  • Scala diminuita tono/semitono
  • Scala esatonale
  • Scala minore melodica
  • Scala misolidia b9b13, V della scala minore armonica
  • Scala misolidia b13, da usare sul V7/II
  • Scala misolidia #11, o lidia dominante
  • Scala alterata
  • Scala diminuita di dominante, cioè la scala diminuita semitono/tono

E la scala minore armonica dov’è? Ebbene, la scala minore armonica è totalmente assente dal Jazzmaster Cookbook di Jim Grantham! Ne viene utilizzato il V grado (accordo 7b9b13) ma non viene affrontata di per sé.

Il capitolo 5 del Jazzmaster Cookbook va dunque affrontato con grande attenzione e consapevolezza. Tutti i punti di vista sono validi ed utili, se sappiamo comprenderne le conseguenze e la portata. Per un principiante il punto di vista di Jim Grantham è però rischioso, nel tentativo di semplificare le cose crea in realtà più problemi di quanti ne risolva. La scala minore armonica è infatti il punto di partenza per comprendere le tonalità minori.

Inoltre, quasi tutte le scale menzionate da Grantham possono essere ricavate proprio dalla scala minore armonica oppure da quella melodica, per cui moltiplicare in questo modo il numero delle scale da imparare a memoria è dispersivo ed inutile.

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Capitolo 7, cenni di composizione

Il capitolo 7 è dedicato alle progressioni armoniche e sembra tratto più da un manuale di composizione che da uno di armonia. Gli argomenti trattati sono interessanti, sebbene un po’ slegati dal resto. Jim Grantham parla del ritmo armonico, derivato dalla posizione degli accordi rispetto a tempi forti e deboli, ed introduce il concetto di movimento di toniche primario o secondario.

Il movimento di toniche primario ha una qualità attiva e suggerisce un movimento in avanti. Eccone alcuni esempi:
1) quarte ascendenti Cmaj7 Fmaj7 Bm7(b5) Em7 ecc.
2) grado congiunto ascendente Cmaj7 Dm7 Em7 ecc.
3) terze discendenti Cmaj7 Am7 Fmaj7 ecc.

Il movimento di toniche secondario crea un senso di incertezza e movimento all’indietro. Ecco in che modo:
1) Contro-ciclo ovvero quinte ascendenti Cmaj7 G7 Dm7 ecc.
2) Grado congiunto discendente Cmaj7 Bm7(b5) Am7 ecc.
3) Terze ascendenti Cmaj7 Em7 G7 ecc.

Grantham aggiunge che gli accordi dissonanti sulle misure pari contribuiscono alla spinta in avanti, mentre sulle misure dispari tendono a frenare la progressione.

Capitolo 11. Ancora un argomento insidioso, il modo minore

Anche questo capitolo va affrontato con prudenza. E’ infatti dedicato alle tonalità minori, ma l’assenza della scala minore armonica dal Jazzmaster Cookbook produce inevitabili equivoci. Jim Grantham sceglie come scala di riferimento la scala minore naturale, sostiene infatti che la minore armonica viene usata raramente per costruire brani in modo minore, un’affermazione incomprensibile, contraddetta da numerosi pezzi jazz oltre che da tantissima musica classica.

L’equivoco prosegue quando Grantham parla del I grado, che consiglia di armonizzare con un accordo m7. In realtà in un contesto tonale un accordo m7 ha la funzione di II, III o VI grado. Sul I grado di un brano minore è più consigliato utilizzare uno di questi accordi: triade minore, accordo m6, accordo m(maj7).

Grantham insiste che in generale l’armonia minore deriva dal modo eolio (scala minore naturale), ma in ambito tonale non è così da alcuni secoli!

Capitolo 12, le dominanti secondarie

Grantham chiama armonia cromatica le dominanti secondarie e la sostituzione di tritono. Pur affrontando l’argomento in modo abbastanza convenzionale, utilizza un sistema di numerazione un po’ diverso dal solito. Per le dominanti secondarie usa il grado di origine sulla scala, invece che scriverle come “quinto di”.

Un esempio pratico. Normalmente la progressione C D7 G7 C viene analizzata come: I V7/V V/I I, Grantham propone invece I II7 V7 I. La differenza è formale più che di sostanza, ma vale la pena sottolinearla.

Capitolo 14, interscambio modale

Con interscambio modale si indicano di solito gli accordi presi in prestito da altre scale parallele. Grantham usa una terminologia particolare, ed in particolare classifica gli accordi in questo modo.

  • Accordi di sottodominante minore sono gli accordi che contengono la b6. In Do maggiore: Fm7, Abmaj7, Dm7(b5),Bb7, Dbmaj7.
  • Gli altri sono chiamati semplicemente interscambi modali, sempre in Do maggiore sono: Cm7, Cm6, Ebmaj7, Gm7, Bbmaj7
  • Sono cadenze di sottodominante minore: Fm7 Bb7 C, Dm7(b5) G7(b9) C, Abmaj7 Dbmaj7 C
  • Infine chiama cadenza ibrida il II V minore che risolve a maggiore: ad esempio Dm7(b5) G7 C

Nell’armonia classica questi movimenti sono già noti come cadenza plagale, sesta napoletana e terza piccarda, anche in questo caso la differenza è nel nome, non nella sostanza.

Capitolo 16. Il pezzo forte del Jazzmaster Cookbook, l’armonia diminuita

Il capitolo più interessante dell’intera opera è dedicato all’armonia diminuita. Grantham propone cinque accordi diminuiti di passaggio.

  • #Idim7 IIm7, ad esempio C#dim7 Dm7. Oppure C#dim G/D, con risoluzione sul secondo secondo rivolto di V. Questa sequenza può essere considerata anche una variazione di V7/II II, ad esempio A7 Dm7 (in tonalità di Do maggiore).
  • bIIIdim7 IIm7, ad esempio Ebdim7 Dm7 (in tonalità di Do maggiore).
  • #IIdim7 IIIm7, ad esempio D#dim7 Em7. Oppure D#dim7 C/E , con risoluzione sul primo rivolto di I. Questa sequenza può essere considerata una variazione di V7/III III, ad esempio B7 Em7 (sempre in tonalità di Do maggiore).
  • #IVdim7 V7, ad esempio F#dim7 G7. Oppure F#dim7 C/G, con risoluzione sul secondo rivolto di I. Questa sequenza può esser considerata anche una variazione di V7/V V, ad esempio D7 G7.
  • #Vdim7 VIm7, ad esempio G#dim7 Am7. Questa sequenza po’ essere considerata una variazione di V7/VI VI, ad esempio E7 Am7.

Oltre agli accordi diminuiti di passaggio, Grantham parla dell’accordo diminuito di colore, ovvero quello che risolve su se stesso. Questo accordo si trova solo sul I e V grado della scala:

  • Idim7 Imaj7, ad esempio Cdim7 Cmaj7
  • Vdim7 V7, ad esempio Gdim7 G7

Su tutti questi accordi diminuiti, invece di utilizzare le consuete scale diminuite octofoniche sT/T o T/sT Grantham propone un sistema ingegnoso. Proprio come le dominanti secondarie, questi accordi possono prendere scale specifiche formate dalle note cordali + le note della scala diatonica su cui risolvono.

Ad esempio, su C#dim7 Dm7 propone la scala C# D E F G A Bb C. Il sistema è molto interessante ed anche semplice: quando usi un accordo diminuito di passaggio in Do Maggiore, puoi utilizzare le note dell’accordo + le note della scala di Do Maggiore.

Capitolo 20, il bebop

Un buon capitolo, molto sintetico, dove Grantham dice l’essenziale sullo stile bebop. Interessante la spiegazione e gli esempi sulle note di approccio, in particolare Grantham suggerisce di utilizzare l’approccio cromatico ascendente e diatonico discendente:

Grantham approcci cromatici ascendenti
In rosa le note cordali, in giallo le note di approccio

Vediamo adesso un esempio di approccio diatonico discendente:

Grantham approcci diatonici discendenti
In rosa le note cordali, in giallo le note di approccio

Capitolo 22, la scala pentatonica

Nel capitolo dedicato alle pentatoniche, il Jazzmaster Cookbook non semplifica le cose, ma le rende più intricate. Grantham propone di trattare la scala pentatonica maggiore in modo modale, costruendo cinque modi dalla stessa pentatonica. Ad esempio i cinque modi di C sarebbero utilizzabili rispettivamente sui seguenti accordi:

SCALA ACCORDO
C D E G A C6
D E G A CD7sus
E G A C D Em7(b5)
G A C D E Gm6
A C D E FAm7

Insieme ad un sistema di “variazione” della stessa pentatonica, propone una serie di esempi che suonano piuttosto male e sono anche difficili da ricordare. E’ sicuramente più semplice ricordare che una pentatonica suona bene su diversi accordi e includere una sola pentatonica alternativa, la pentatonica b3 che copre bene gli accordi del modo minore. Ad esempio, la pentatonica C D Eb G A è ottima sugli accordi di Cm6, Am7(b5), F7.

Jazzmaster Cookbook, come prosegue

Sezione II, jazzmaster workout

In questa sezione Jim Grantham propone vamp sulle scale, progressioni tipiche che comprendono anche dominanti secondarie e sostituzioni di tritono, esercizi su scale maggiori, pentatoniche, scala cromatica, intervalli, arpeggio degli accordi. 

L’approccio agli esercizi è principalmente melodico, per questa ragione chi suona uno strumento armonico dovrebbe integrarla con esercizi su accordi e voicing.

Sezione III, key reference

Qua Jim Grantham propone diversi schemi ed esercizi in tonalità di Do maggiore, da trasportare in 12 tonalità. Seguono novanta pagine di pentagrammi bianchi da riempire, cosa che mi pare un’autentica ingenuità. Per quello un quaderno va più che bene. Probabilmente si tratta di una scelta dell’editore, un libro di 300 pagine può costare più di uno di 200, ma 90 pagine bianche davvero non hanno senso.

Conclusioni: Il Jazzmaster Cookbook di Jim Grantham è un bel libro?

Nell’insieme, il Jazzmaster Cookbook è un’opera interessante ma che manca di equilibrio, volendosi rivolgere ad un pubblico troppo ampio, manca di semplicità e di chiarezza per i principianti, al tempo stesso a volte è un po’ schematico sui concetti più avanzati.

Il Jazzmaster Cookbook risente inoltre di un’impostazione principalmente melodica, orizzontale. Da qui deriva l’approccio un po’ disordinato e parziale ai voicing ed il moltiplicare in modo a volte inutile le diverse scale.

La valutazione di questo lavoro dipende molto anche dal punto di vista. Proviamo dunque a considerare quello di un principiante, e quello di un musicista esperto.

Il Jazzmaster Cookbook E’ un buon libro per principianti?

No, non è un buon libro per chi inizia a studiare l’armonia jazz. Un principiante trova anche troppe informazioni, che possono intimidirlo. Al tempo stesso l’equivoco tonalità/modalità può complicare non poco le cose. Infine, il modo minore viene affrontato in modo confuso e parziale, se non proprio sbagliato. Non consiglierei questo libro ad un principiante.

E’ un buon libro per uno studente intermedio/avanzato?

Sì, a questa domanda rispondo in modo affermativo. Uno studente che abbia già le nozioni di base può studiare il Jazzmaster Cookbook in modo critico ed apprezzare gli approfondimenti più interessanti, in particolar modo sulle dominanti, le scale pentatoniche, l’armonia diminuita.

Malgrado i limiti del Jazzmaster Cookbook, a Jim Grantham va il merito di avere affrontato in modo davvero esaustivo alcuni argomenti. Ad esempio, sull’armonia diminuita è certamente il libro migliore che io abbia letto.

Spero questa recensione e guida allo studio del Jazzmaster Cookbook di Jim Grantham sia utile per i tuoi studi. Se hai già studiato questo manuale, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi. Lascia un commento qua sotto, grazie!

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  • Buonasera signor Leo, allora a quaesto punto visto che non è un testo consigliato ai principianti(e in parte mi trova d’accordo), ha qualche testo/libro a proposito da consigliarmi?
    Grazie
    Corrado

    • Buonasera Corrado, purtroppo non ho un libro di armonia jazz da consigliare ai principianti, in quanto i manuali che affrontano la musica jazz sono sempre di livello intermedio / avanzato. La invito però ad approfondire i concetti elementari dell’armonia: armonizzazione della scala, accordi di settima, cadenze, scale maggiori e minori. Su questi argomenti trova molte lezioni gratuite su questo sito, ed anche un paio di corsi completi a pagamento: https://www.leoravera.it/video-corso-di-armonia-funzionale/
      Grazie della lettura, a presto

  • Ciao Leo, complimenti per la accurata analisi dei “punti di debolezza”, le tue riflessioni mi trovano totalmente d’accordo: la continua e reiterata “imposizione” di modalizzare tutto finisce per complicare le cose. Se sto suonando un “giro di DO” mi conviene pensare di essere in tonalità di DO, senza dover pensare invece a 4 scale differenti. Mi sono sempre domandato: ma allora, a cosa serve veramente scomporre ogni brano in modalità? Ciao, Nicola

    • Scusate se dico la mia,
      per me ha senso modalizzare, certo “conviene” più (laddove possibile) far derivare la sequenza armonica da una unica scala, semplifica.
      Modalizzare la sequenza complica ma anche sofistica il linguaggio melodico, d’altronde si sta parlando di jazz…

      • Ciao Franco, se chi suona ha voglia di pensare in modo più sofisticato per esplorare nuove possibilità, ben venga qualunque soluzione. L’ errore è presentare come modo più semplice di ragionare, magari a un principiante, quello che in realtà non è affatto semplice.

        Grazie a entrambi per la lettura e il commento.

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