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Note di Lunedì

Gorni Kramer, Crapa Pelada. Imitando Duke Ellington

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[Note di lunedi n. 123] Crapa pelada è un pezzo del 1936, quando il jazz era avversato dal regime fascista in quanto musica straniera. Gorni Kramer risolse la questione con umorismo, utilizzando una filastrocca in dialetto milanese sulla melodia di It Don’t Mean a Thing di Duke Ellington.

Armonia e melodia di Crapa Pelada ricalcano piuttosto fedelmente il famoso brano di Duke Ellington, mentre il testo è spiritoso e al limite del nonsense.

Crapa pelada la fà i turtei
Ghe nè dà minga ai soi fradei,
I so fradei fan la frittada
Ghe ne dà minga a Crapa pelada

Crapa Pelata fa i tortelli,
non gliene dà ai suoi fratelli
I suoi fratelli fan la frittata,
ma non la danno a Crapa Pelata.

Il primo giro strumentale è suddiviso tra fisarmonica, sax tenore e tromba. Il secondo giro è cantato così come il terzo giro nel quale ascoltiamo un improvvisazione vocale in stile scat, mentre il coro risponde con un riff che riprende l’originale di Duke Ellington It Don’t Mean a Thing.

Questa registrazione testimonia la precoce attività da jazzista di Gorni Kramer, musicista che nel dopo guerra sarebbe diventato uno dei protagonisti della diffusione del jazz in Italia.

Il brano dimostra che già negli anni ’30 c’erano in Italia musicisti capaci di suonare musica jazz di buon livello, ed è anche un primo esempio di quel connubio tra jazz e cabaret che sarà tipico degli anni ’50 e ’60.

Lo spartito di Crapa Pelada, etichettato "fox trot"
Lo spartito di Crapa Pelada, etichettato “fox trot”

La formazione completa della band: Gorni Kramer (fisarmonica e voce), Armando Camera (chitarra e voce), Romero Alvaro (pianoforte e voce), Nino Impallomeni e Baldo Panfili (tromba), Francesco Carbone (trombone), Libero Massara (sax tenore), Ubaldo Beduschi (contrabbasso), Luigi Redaelli (batteria).

Con Crapa pelada, Gorni Kramer riesce dunque a suonare un noto pezzo di Duke Ellington aggirando la censura di regime, e allo stesso tempo si fa beffe del capo di quello stesso regime. La più celebre “testa pelata” degli anni ’30 era senza dubbio Benito Mussolini, ed anche se il testo della canzone non fa alcuna allusione in tal senso, non è difficile pensare che il brano celasse una sottile presa in giro.

Arrivederci al prossimo lunedì!

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  • Dietro questi versi così buffi, però, si nasconde una vicenda particolare… anzi, più di una. La prima coinvolge addirittura Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, che un giorno si innamorò di una ragazza milanese che aveva quattro fratelli: il suo nome era Peppa Muccia. Caravaggio però, povero in canna com’era, non poteva certo sposarla, con grande disapprovazione da parte dei fratelli di Peppa. I quattro litigarono con il pittore, che fu costretto a lasciare la città per un po’. L’innamoratissima ragazza, per la disperazione, perse tutti i capelli.
    Quando Caravaggio tornò a Milano, Peppa fu così contenta che preparò al famoso artista i tortelli, senza offrirne nemmeno uno ai suoi fratelli. Per vendicarsi, i quattro cucinarono una frittata che non condivisero con lei, e in più diffusero in giro per la città la canzone che è arrivata anche a noi, battezzando la sorella con il soprannome di “Crapa Pelada”. (fonte milanocittastato.it)

  • Il testo di “Crapa Pelada” è una chiara allusione all’autarchia e alle sanzioni imposte all’Italia dagli altri stati europei. Crapa Pelada (Mussolini, cioè l’Italia) fa i tortei, cioè produce, ma non li vende ai so fratei, cioè gli altri stati che, a loro volta, fan la frittata (producono) ma non ne danno all’Italia.

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