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Fondamenti dello Studio del Pianoforte, recensione

Fondamenti dello Studio del Pianoforte, titolo originale Fundamentals of Piano Practice, è un libro scritto dal fisico Chuan C. Chang. Il volume è stato pubblicato all’inizio degli anni ‘90 ed ha suscitato un discreto dibattito tra gli addetti ai lavori, pianisti e insegnanti di musica. Ecco quali sono le teorie principali esposte nel volume, i suoi punti di forza e punti deboli.

Fondamenti dello Studio del Pianoforte, prima impressione

Fondamenti dello Studio del Pianoforte è un libro scritto da un non-pianista, l’autore ammette candidamente che la sua esperienza di pianista è ricavata principalmente dagli studi effettuati da ragazzo e successivamente dagli studi delle figlie.

Chuan C. Chang è dunque un appassionato di musica, pianista dilettante, che si è occupato nella sua vita di mille cose diverse. Una personalità eclettica, sicuramente uno studioso intelligente e curioso. Non però un musicista, e purtroppo questo appare evidente fin dalle prime pagine.

Il volume è abbastanza disordinato. Il primo capitolo espone le teorie di Chang su come si studia il pianoforte, il secondo capitolo è dedicato a come si accorda un pianoforte ed il terzo a concetti come il cervello e l’apprendimento. Sono sicuramente tre temi interessanti, ma già l’idea di affrontarli all’interno di uno stesso volume testimonia un approccio tutt’altro che scientifico, malgrado le pretese dell’autore.

Fin dall’introduzione Chang esalta il proprio lavoro in modo eccessivo ed autoreferenziale: “Questo libro è il mio regalo personale alla società…” e si attribuisce un’invenzione rivoluzionaria: lo studio del pianoforte a mani separate. Peccato che qualunque maestro di musica e studente la conoscano da sempre.

Il libro non è però privo di spunti interessanti, vediamo dunque pregi e difetti del libro Fondamenti dello Studio del Pianoforte. Mi limiterò all’analisi del primo capitolo, quello che si occupa effettivamente dello studio del pianoforte secondo Chang, trascurando gli altri due capitoli che parlano d’ altro.

Fondamenti dello Studio del Pianoforte, i difetti

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1. Lettura apprendimento esecuzione, il pianoforte non finisce qui

Il difetto più grande, che invalida in partenza tutto il libro è che Chuan C. Chang vive il pianoforte solo ed esclusivamente come lettura dello spartito – apprendimento – esecuzione. Nella parte finale del primo capitolo Chang parla anche di meccanismi della composizione, analizzando alcune opere. Tuttavia il suo orizzonte è sempre quello classico.

Perché questo approccio invalida il suo lavoro irrimediabilmente? Evidentemente perché il suonare (non solo il piano) è il risultato di tante componenti quali la musicalità, la capacità di improvvisare, la capacità di adattarsi a quello che suonano gli altri con noi. Chang affronta invece solo gli aspetti tecnici, di lettura e di memorizzazione dello spartito.

Nei suoi Fondamenti dello Studio del Pianoforte Chuang non considera minimamente le abilità necessarie per suonare una canzone, riconoscere degli accordi a orecchio, improvvisare. Evidentemente basa il suo lavoro esclusivamente sulla sua esperienza di dilettante che suona musica classica.

Questa visione limitata lo porta ad esagerare l’importanza della tecnica e a minimizzare l’indipendenza delle mani, che peraltro è la più grande difficoltà anche per i principianti, assai più della tecnica stessa.

2. Sottovaluta l’indipendenza delle mani

Chuan C. Chang insiste molto sull’importanza dello studio a mani separate, in maniera anche eccessiva in quanto il suo scopo è sempre e soltanto quello di aprire uno spartito, suonarlo e mandarlo a memoria.

Studiare a mani separate va bene per superare difficoltà tecniche, ma non sviluppa l’indipendenza delle mani. E’ sorprendente come un appassionato di musica che è vissuto negli Stati Uniti non si sia minimamente reso conto dei meccanismi completamente diversi della musica jazz e del piano jazz, ed abbia scritto un libro che non li considera minimamente.

Il libro ci dà parziale risposta, in quanto Chang afferma: “Esporre i giovanissimi (dalla nascita) alla musica classica è benefico perché questa ha un contenuto musicale più elevato rispetto agli altri tipi di musica”. E’ evidente che un affermazione del genere scredita di molto l’autore dei Fondamenti dello studio del pianoforte.

Anche gli ambienti più conservatori e meno sensibili guardano alla musica jazz con interesse e curiosità, un metodo di pianoforte che la esclude per principio evidentemente nasce già mutilato in partenza.

3. Si contraddice

Volendo lusingare il lettore con la promessa di un metodo per imparare a suonare mille volte più veloce, Chang suggerisce di studiare la tecnica suonando a velocità massima, e poi rallentare per migliorarla.

Il principio è già contraddittorio in sé, tuttavia Chang ha un sistema che in apparenza sembra avere la sua logica. Propone di concepire i passaggi veloci come accordi (lui li chiama insiemi paralleli) e di suonare dunque le note tutte insieme, per poi separarle in arpeggi molto veloci e mano a mano più lenti.

L’idea è seducente, tuttavia c’è un difetto di partenza in questo ragionamento: accordi ed arpeggi si suonano in modo diverso. Anche avendo una buona tecnica del peso, indispensabile per suonare bene, l’energia della mano si scarica sulla tastiera in modo assai diverso in un accordo rispetto ad un arpeggio. Per questo motivo, la teoria degli insiemi paralleli è praticamente inservibile.

Nel corso dell’intero libro Chang contraddice costantemente la sua affermazione iniziale, ribadendo quanto sia importante studiare lentamente. Per questo motivo il lettore rimarrà sedotto e abbandonato: la promessa di una tecnica di studio mille volte più veloce andrà delusa. Ma c’era da aspettarselo, viste le premesse.

4. Approccio scientifico… ma neanche tanto

L’autore dei Fondamenti per lo Studio del Pianoforte è laureato in fisica. Il libro è pieno di riferimenti alla matematica ed alle scienze, che appaiono tuttavia molto azzardati e per niente circostanziati.

I riferimenti alla biologia e fisiologia lasciano ancora più perplessi. Ad esempio, Chang sostiene che l’orecchio assoluto di cui sono dotate le sue figlie sia il risultato dell’accordatura del suo pianoforte. Una tesi decisamente bizzarra, anche se le opinioni sull’orecchio assoluto sono molto varie. Per maggiori informazioni sull’orecchio assoluto segui questo link.

Ugualmente perplesso mi lascia la sua affermazione che per suonare il pianoforte sia necessario un flusso supplementare di sangue al cervello. Anche senza essere un medico, mi pare abbastanza evidente che il cervello richieda più energia (e forse più sangue) quando suoniamo il piano, piuttosto che quando stiamo sul divano a far nulla.

Ma non mi stupirei che il nostro cervello ne richiedesse in quantità pari o superiore giocando a scacchi, risolvendo un problema matematico o studiando una lezione di qualunque materia. Queste affermazioni di Chuan C Chang sono generiche e non argomentate, sembrano inserite nel libro più per darsi un tono da studioso che per reale necessità.

Chang sostiene ad esempio: “Non si permetta mai ad un bambino malato di studiare pianoforte, neanche pezzi facili, a causa del rischio di aggravare la malattia e di danneggiare il cervello”. E’ questa un’affermazione davvero incomprensibile.

Forse uno studio “matto e disperatissimo” come diceva Giacomo Leopardi non giova alla salute di bambini né adulti, ma suonare il piano può essere un’attività rigenerante e piacevole e studiare qualche nota di sicuro non danneggia il cervello.

Fondamenti dello Studio del Pianoforte, i pregi

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Fin qui abbiamo visto perché Fondamenti dello studio del pianoforte sia un libro deludente, parziale nella sua visione della musica e del pianoforte, pretenzioso e confusionario.

Tuttavia ci sono anche aspetti interessanti, che possono essere molto utili specialmente ad un principiante o autodidatta che non abbia mai fatto una riflessione seria sul metodo di apprendimento del pianoforte.

Vediamo dunque quali sono gli aspetti positivi del libro.

1. L’importanza del metodo

Forse anche grazie alla sua formazione scientifica, Chuan C. Chang è consapevole di quanto sia importante il metodo di studio. Molti pianisti principianti non fanno progressi solo per questo motivo: invece che esercitarsi e studiare, suonano mille volte i soliti brani.

In Fondamenti dello studio del pianoforte il metodo di studio è sempre al centro del pensiero dell’autore. Alcuni suggerimenti sono sacrosanti (e noti a qualunque pianista di livello medio o superiore), altri più controversi o decisamente sbagliati, tuttavia Chang si sforza di creare un metodo, e questo atteggiamento è sicuramente un esempio prezioso per chi ha sempre studiato pianoforte senza valutare attentamente il proprio metodo di lavoro.

2. Buoni consigli

Tralascerò volutamente i consigli di Chang che ritengo sbagliati, contestarli uno per uno sarebbe troppo lungo e dispersivo. Voglio invece sottolineare i buoni consigli che si possono trovare nei Fondamenti dello Studio del Pianoforte.

  • Studiare e suonare con le mani estremamente rilassate, morbide, senza provare tensione, fastidio o dolore
  • Studiare i pezzi a mani separate
  • Studiare lentamente, non eseguire i pezzi troppo veloci prima di un concerto
  • Usare il peso della mano
  • Studiare bene scale ed arpeggi, in quanto fondamento della tecnica pianistica
  • Cercare di imparare a memoria la musica

Chuan C Chang non è dunque uno sprovveduto, la passione per il pianoforte gli ha consentito di comprendere alcune delle pratiche migliori per l’apprendimento del pianoforte.

Non si tratta però di “colpi di genio” ma di cose abbastanza note, che qualunque insegnante di pianoforte sottoscrive. Laddove Chang vuole andare controcorrente ed essere rivoluzionario, si incarta in affermazioni contraddittorie e confuse.

3. E’ incoraggiante, tutti possono suonare

Mettendo l’accento sul metodo di lavoro e sull’importanza di esercitarsi in modo corretto e costante, Chang mette in primo piano il lavoro, rispetto al talento. Sapere che i propri progressi con la musica dipendono principalmente dall’impegno, da quanto ci esercitiamo e da come lo facciamo, può essere molto incoraggiante.

Anche chi si è dedicato alla musica in modo discontinuo, disordinato e senza metodo, può iniziare a migliorare in modo insospettabile, se comincia ad esercitarsi in modo corretto.

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Fondamenti dello Studio del Pianoforte, conclusioni

Il libro Fondamenti dello Studio del Pianoforte di Chuan C. Chang è un testo deludente e disordinato. L’autore è un grande appassionato di musica e questa passione emerge tra le pagine rendendo la lettura meno pesante. L’analisi di alcune celebri pagine è molto piacevole, anche se un po’ generica.

Purtroppo Chang è esageratamente sicuro delle proprie idee, cosa che non è mai un buon segno. Con una furba operazione commerciale e sapendo di riempire un vuoto in un terreno dove i libri effettivamente scarseggiano, Chang accredita se stesso come grande sapiente del pianoforte, senza esserlo.

Ne è testimonianza il video su YouTube nel quale Chang mostra l’esecuzione della scala maggiore di Do usando due diverse tecniche, quella del cosiddetto “pollice sopra” e quella più convenzionale con il passaggio sotto il terzo dito. In entrambi i casi la sua esecuzione è a dir poco scadente, con una mano che balla su e giù in modo molto scorretto.

Del resto, è molto difficile insegnare in un libro la tecnica del pianoforte. É impossibile descrivere a parole i movimenti della mano, esattamente come sarebbe impossibile insegnare come si gioca a tennis o come si esegue un salto con l’asta.

Non consiglio dunque la lettura di questo libro, che sarebbe in gran parte una perdita di tempo. Per chi volesse farsi una sua idea, a seguire i link ai siti dove si può scaricare gratuitamente e legalmente sia la versione italiana che quella originale.

Ricordo che il titolo originale del libro è Fundamentals of Piano Practice, tradotta in Fondamenti dello Studio del Pianoforte. Sarei molto felice di conoscere la tua opinione su questo libro, se vuoi scrivila nei commenti a questa recensione. Grazie!

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