L’opera 101 di Beyer, il Metodo Bastien per lo studio del pianoforte, il Musigatto e il Mikrokosmos di Bela Bartok sono metodi molto popolari per imparare a suonare il piano. Ne ho analizzato pregi e difetti, ecco cosa ho scoperto mettendo a confronto i metodi per pianoforte, Beyer vs Metodo Bastien vs Musigatto vs Mikrokosmos.
Per chi inizia a suonare il pianoforte è importante scegliere un metodo che sia efficace e ordinato, ma anche stimolante e divertente. Purtroppo le due cose non vanno sempre di pari passo, iniziare a suonare il piano comporta una serie di esercizi per sviluppare lettura, coordinazione, indipendenza delle mani.
Beyer, Bastien, Musigatto e Mikrokosmos si rivolgono ad una platea di principianti che hanno appena iniziato a suonare il piano. Questi quattro metodi hanno tuttavia un approccio didattico molto differente. Vediamo dunque di analizzarli uno ad uno, per scoprire pregi e difetti.
Il metodo per pianoforte più antico: Beyer op.101

L’opera 101 di Beyer è certamente il metodo più utilizzato fra i quattro, ed è anche il più antico. Ferdinand Beyer è stato un musicista e insegnante vissuto in Germania intorno alla metà del XIX secolo, è nato nel 1803 e morto nel 1863.
L’opera 101 di Beyer è un metodo completo per il primo anno di studio del pianoforte, di solito ci vogliono circa dodici mesi per completarlo. Al centro del pensiero didattico dell’autore c’è senza dubbio l’indipendenza delle mani.
Piuttosto che introdurre in fretta elementi diversi, Beyer propone una serie di esercizi molto simili tramite i quali l’aspirante pianista impara a coordinare le mani e prendere confidenza con la tastiera e lo spartito.
Beyer è molto cauto e metodico, per molti esercizi le mani rimangono nella stessa posizione, suonando solo le cinque note Do Re Mi Fa Sol. Solo a partire dall’esercizio 32 le mani cambiano posizione e cominciano ad esplorare diverse zone della tastiera. In questo modo lo studente impara a coordinare il movimento delle due mani e ad associare li linee melodiche che vede sullo spartito ad un certo movimento delle dita.

La lettura dello spartito è affrontata in modo progressivo, ad esempio utilizzando solo la chiave di violino nella prima metà del volume ed introducendo la chiave di basso solo a partire dall’esercizio n. 54. Sempre nella seconda parte del volume Beyer introduce alcuni elementi tecnici nuovi: la tecnica delle scale, il ribattuto, gli arpeggi, gli accordi.
In Beyer op.101 la teoria è in secondo piano, è tramite la ripetizione di gesti simili ma progressivamente più difficili che l’allievo, quasi senza accorgersene, fa progressi ed impara a suonare il pianoforte.
L’aspetto più negativo di Beyer è dunque la ripetitività, per assicurare all’allievo pianista uno studio regolare e graduale gli esercizi sono molto simili l’uno all’altro. In alcuni casi lo studio di Beyer può risultare quindi un po’ noioso.
Vediamo in sintesi quali sono pregi e difetti di Beyer op. 101
I pregi di Beyer op.101
- L’opera 101 di Beyer è un metodo ordinato e graduale
- Privilegia il meccanismo e la pratica, impari facendo, senza sforzi particolari sulla teoria
- Affronta diverse tecniche del pianoforte
I difetti di Beyer op.101
- La prima parte procede in modo un po’ lento
- E’ un metodo voluminoso composto da oltre cento esercizi, la cosa può scoraggiare il principiante che ha appena iniziato a suonare il piano
- Gli esercizi non sono particolarmente belli o accattivanti, l’aspetto didattico prevale su quello estetico e artistico
Su questo sito trovi un video corso di pianoforte per principianti, basato proprio sull’ Op. 101 di Beyer. E’ stato il primo corso che ho pubblicato circa cinque anni fa ed è stato utilizzato con profitto da centinaia di allievi.
Passiamo adesso ad analizzare la seconda raccolta di esercizi pianistici: il Metodo Bastien per lo studio del pianoforte
Metodo Bastien per lo studio del pianoforte

Gli autori del Metodo Bastien per lo studio del pianoforte sono James Bastien e la moglie Jane Smisor Bastien, due musicisti americani scomparsi da qualche anno dopo una vita dedicata alla musica e all’insegnamento. Il metodo è stato pubblicato intorno al 1960 ed è diviso in diversi fascicoli di teoria e pianoforte.
Trascuriamo qua i fascicoli di teoria, prendiamo in considerazione i quattro fascicoli propriamente pianistici del Metodo Bastien per lo studio del pianoforte. Una prima caratteristica è l’approccio grafico molto accattivante, con disegni e titoli degli esercizi rivolti evidentemente ai bambini.
L’allievo inizia con entrambe le mani in posizione Do-Sol, esattamente come in Beyer op.101, ma una prima importante differenza è che il metodo Bastien introduce immediatamente anche la chiave di basso.
Per un bambino che inizia a suonare, quasi certamente questo porta a concentrarsi unicamente sulle distanze tra le note e tra le dita, sviluppando il meccanismo senza iniziare a leggere davvero lo spartito. In questo modo, volendo utilizzare fin dal principio entrambe le chiavi si ottiene l’effetto opposto: l’allievo non impara affatto a leggere, ma si basa unicamente sulle diteggiature e le distanze tra i suoni.
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Fin dai primi esercizi, Bastien introduce anche i diesis e bemolli. E’ questo un punto a favore del Metodo Bastien per lo studio del pianoforte, in quanto l’allievo impara a tenere la mano dentro la tastiera fin dal principio.
Suonare per molto tempo solo sui tasti bianchi porta infatti ad una posizione della mano lontana dai tasti neri, e questo è un problema quando si comincia a suonare su tutta la scala cromatica.
Dopo pochi esercizi, Bastien introduce anche accordi a tre note. E’ questo un grave errore, in quanto la mano di un bambino (ma anche di un principiante adulto) non sono ancora pronte a suonare gli accordi, dopo poche settimane di esercizi. Anche nel caso di una mano già sviluppata, suonare l’accordo porterà inevitabilmente alla tensione del polso e della mano, portando ad acquisire una tecnica sbagliata.
Pur introducendo in modo frettoloso gli accordi, fin quasi dal principio, Bastien è assai poco impegnativo dal punto di vista dell’indipendenza delle mani. Le parti della destra e della sinistra sono spesso alternate, oppure omoritmiche. L’allievo non impara a coordinare frasi ritmicamente diverse, almeno fino al terzo fascicolo del Metodo Bastien per lo studio del pianoforte.
Andiamo dunque a sintetizzare pregi e difetti del metodo Bastien
I pregi del Metodo Bastien per lo studio del pianoforte
- Veste grafica accattivante, con disegni e titoli dei brani allegri e spiritosi
- Esplora la tastiera fin dal principio, utilizzando diesis e bemolle
- I fascicoli brevi sono meno impegnativi, aiutano a misurare i progressi fatti e invogliano ad andare avanti
I difetti del Metodo Bastien per lo studio del pianoforte
- Approccio tecnico totalmente sbagliato, con accordi suonati troppo presto quando la mano è ancora acerba
- L’uso prematuro di entrambe le chiavi porta a privilegiare il meccanismo senza imparare davvero a leggere lo spartito
- Trascura l’indipendenza delle mani, gli esercizi sono ritmicamente troppo semplici
Seguendo il link qua sotto si può vedere un’intervista a Jane Smisor Bastien, una musicista che ha continuato ad insegnare musica fino ad età molto avanzata. Pur avendo seri dubbi sul metodo da lei realizzato insieme al marito, non posso non trovarla affascinante. Purtroppo Jane Bastien è mancata nel 2015, circa dieci anni dopo il marito. Questa è una delle ultime interviste che ha rilasciato.
https://www.namm.org/library/oral-history/jane-bastien
Andiamo adesso ad analizzare il terzo metodo pianistico: il Musigatto di Maria Vacca.
Il Musigatto di Maria Vacca, un metodo per pianoforte italiano

Al Metodo Bastien per lo studio del pianoforte è chiaramente ispirato il Musigatto di Maria Vacca, un metodo piuttosto popolare in italia, anche perché il libro viene regalato insieme ad alcune tastiere.
Il Musigatto di Maria Vacca è in tutto e per tutto simile al Metodo Bastien per lo studio del pianoforte, ne eredita la simpatia e la veste grafica accattivante, ma anche i gravi difetti. Più volte mi è capitato che bambini che iniziavano a suonare avessero già il Musigatto ed ho provato dunque ad impiegarlo.
Purtroppo i risultati sono sempre stati molto scarsi. Dopo poche settimane è indispensabile affiancarci altri metodi perché alcuni esercizi sono troppo faticosi, e al tempo stesso i bambini non imparano a leggere la musica. La progressione degli esercizi non è omogenea, esattamente come il Bastien introduce troppo presto gli accordi a tre note ed entrambe le chiavi.
Il suo pregio principale rimane nel titolo, molto simpatico ed apprezzato dai bambini. I quali mi riprendono sistematicamente quando faccio finta di sbagliarmi e lo chiamo musicane. Purtroppo un titolo davvero azzeccato non basta, quando si cerca di insegnare a suonare il pianoforte.
Ho cercato invano notizie sull’autrice Maria Vacca in rete, salvo la menzione di un concerto che ha tenuto qualche anno fa con il figlio. Credo che insegni in un Conservatorio in Calabria. Il suo Musigatto è stato un’operazione di grande successo commerciale, evidentemente Maria Vacca deve aver privilegiato nella sua vita l’insegnamento rispetto all’attività concertistica.
I pregi del Musigatto
- Primo su tutti: il titolo. Assolutamente geniale, impossibile da dimenticare una volta che lo si ascolta. Divertente e accattivante per i bambini, che si approcciano alla musica con allegria
- La veste grafica e i titoli molto spiritosi
- I fascicoli sono brevi e poco “minacciosi”. In realtà già nel primo ci sono alcune difficoltà non facili da superare.
I difetti del Musigatto
- Approccio tecnico sbagliato, si chiede troppo alla mano di un bambino o comunque di un principiante
- L’uso prematuro di entrambe le chiavi non aiuta ad imparare davvero a leggere. Difatti, tutti i bambini a cui l’ho proposto riuscivano a leggere solo aiutandosi con i numeri
- Copia in tanti aspetti il metodo Bastien, ma non lo migliora in niente
(*) dopo la stesura di questo articolo, l’autrice del Musigatto Maria Vacca mi ha chiamato per spiegarmi che le nuove edizioni del suo metodo hanno in parte corretto gli errori qua segnalati. Purtroppo non ho avuto modo di recensire l’ultima edizione del libro, ma quando lo farò potrò forse rivalutare quanto qua ho espresso.
Passiamo adesso alla quarta ed ultima recensione: quella del Mikrokosmos di Bela Bartok.
Un metodo per pianoforte alternativo: il Mikrokosmos di Bela Bartok

Il Mikrokosmos è un’opera in sei volumi scritta dal compositore ungherese Bela Bartok tra il 1926 e il 1939. Prendiamo qua in considerazione solo i primi due volumi, che possono essere utilizzati per iniziare a suonare il pianoforte. Il Mikrokosmos si differenzia dai precedenti metodi per più di un motivo.
Bela Bartok è stato un compositore di primissima categoria, un musicista che non si può paragonare a Beyer, i coniugi Bastien o Maria Vacca, onesti insegnanti che hanno creato opere interessanti dal punto di vista didattico senza lasciare però il segno nella storia della musica. Bela Bartok è stato un grandissimo della musica del ‘900, e nei suoi esercizi, anche elementari, affiora spesso la personalità del grande compositore.
Bartok era uno studioso della musica popolare dell’Europa orientale, molti esercizi del Mikrokosmos utilizzano scale dissonanti e tempi insoliti, molto interessanti e affascinanti. Il Mikrokosmos è quindi molto più bello delle opere precedentemente menzionate, tuttavia il suo studio presenta a un principiante alcune difficoltà.
I pezzi sono spesso dissonanti, un po’ misteriosi. Un orecchio non molto educato alla musica può non comprenderne il senso e non riuscire a capire se sta suonando le note giuste oppure no. E’ quello che accade spesso ai bambini, per i quali il Mikrokosmos non è dunque consigliato.

Un’altra difficoltà risiede nei cambi di posizione delle mani, che avvengono molto spesso fin dal principio e che possono disorientare un principiante. Iniziare a suonare il piano studiando il Mikrokosmos di Bartok può essere un’esperienza affascinante, ma di sicuro il metodo è più difficile dei precedenti. Ecco in sintesi pregi e difetti del Mikrokosmos di Bartok.
I pregi del Mikrokosmos di Bartok
- La musica è interessante e varia
- Gli esercizi usano scale inusuali, costringendo l’allievo ad una lettura attenta
- Dietro quest’opera c’è un grande musicista, e a volte si sente
I difetti del Mikrokosmos di Bartok
- Gli esercizi sono spesso dissonanti e poco chiari per un orecchio poco educato
- La difficoltà degli esercizi aumenta in modo repentino, poco graduale
- Le mani si spostano spesso fin dal principio
Alcuni mesi dopo aver scritto questo articolo, ho completato il video corso sul Mikrokosmos volume primo. Non è un corso adatto a tutti, ma può essere un piacevole diversivo per chi studia da un anno o due e cerca nuovi stimoli e nuove sfide.
Conclusioni: Beyer vs Metodo Bastien vs Musigatto vs Mikrokosmos
In conclusione, tra questi quattro metodi ce ne sono due che sono nettamente superiori: l’opera 101 di Beyer, per la sua efficacia e il Mikrokosmos di Bartok per la scintilla di genialità che contiene. Consiglio il primo per il principiante tipico, bambino o adulto che sia, e il secondo ad allievi adulti appassionati di musica, che abbiano un orecchio già allenato alla musica.
Il Mikrokosmos di Bartok può essere il metodo ideale per chi suona già un altro strumento e vuole avvicinarsi al pianoforte, oppure per persone molto appassionate di musica classica, capaci di cogliere le finezze della musica di Bartok.
Purtroppo devo sconsigliare il Metodo Bastien per lo studio del pianoforte, che tuttavia ha avuto negli anni ’60 il merito di sperimentare un metodo didattico nuovo e di cercare di avvicinare anche i bambini in modo accattivante. La musica può e deve essere vissuta come un gioco, per chi inizia a suonare il piano da bambino.
Nello stesso modo sconsiglio il Musigatto di Maria Vacca, che imitando il metodo Bastien ha perso però l’occasione per correggerne gli evidenti limiti. Quella del Musigatto è stata un’operazione commerciale molto riuscita, ma la sostanza è davvero poca.
Concludo dunque questo articolo con la classifica tra questi quattro metodi: 1° classificato Beyer op.101, 2° Mikrokosmos di Bela Bartok, 3° Metodo Bastien per lo studio del pianoforte, 4° Il Musigatto di Maria Vacca. Come al solito attendo con piacere commenti e aggiunte. Scrivimi la tua opinione qua sotto!
Buongiorno e grazie per l’interessante analisi che non posso che sposare completamente. Ho imparato i primi passi con Beyer e nonostante debba riconoscere che a tratti è noioso e ripetitivo, posso solo ringraziare il mio primo maestro di avermi introdotto lo studio del pianoforte tramite questo metodo. Attualmente con i miei allievi sto utilizzando Beyer (seppure tralasciando parecchi esercizi), selezionando in seguito alcuni brani più accattivanti dei volumi di Bastien.
Musigatto, solo per il fatto che occasionalmente era in vendita con acquisto di tastiere l’ho sempre lasciato da parte. Purtroppo invece non so proprio nulla di Mikrokosmos, che andrò ad acquistare non appena possibile. Mia grande mancanza.
Devo portare però una riflessione: purtroppo in questi periodi ove la velocità è tutto ahimè, in cui i genitori e i loro figli cercano da subito la “performance” e “il brano musicale conosciuto”, risulta veramente sempre più difficile insegnare il pianoforte passando dalla tecnica e da uno studio rigoroso e didatticamente adeguato per lo sviluppo del bambino.
D’altro canto io credo non ci sia altra possibilità. Serve costanza, dedizione ed impegno.
Uno dei tanti insegnamenti che J. Dalcroze ci ha lasciato riguarda proprio il fatto che se si insegna musica lo si fa per lo sviluppo completo del bambino. Insegnare un arte è una disciplina olistica, coinvolge tutto l’essere umano. Il tralasciare questi aspetti crea automi, o musicisti incapaci di apprezzare e di sperimentare; incapaci di trasmettere l’amore per lo strumento e per il suono.
Riccardo grazie per la visita e per il commento, molto interessante. Un cordiale saluto, a presto
Ciao. Vorrei il titolo di qualche libro (per comprare online) per imparare mio bambino 6 anni.
Buongiorno Elona, mi dispiace non so segnalarle un libro per quell’età. Io con i miei allievi uso Beyer però lo affianco con qualche canzoncina semplice, da suonare con una mano sola. Sono spartiti elementari che ho trovato negli anni, oppure scritto io. Soprattutto la invito ad affidare il suo bambino ad un buon maestro, che saprà dargli i materiali più giusti.
Buongiorno Leo, arrivo su questo post da un post precedente nel quale si parlava dello studio in “fase iniziale” (e non solo). Volendo scegliere il Beyer, ho notato che vi sono disponibili alcune versioni/revisioni. Quale di queste personalmente consiglieresti?
Ciao Nicola, direi che sono equivalenti. Tra le italiane mi piace la Curci perché lo spartito è appena più grande rispetto alla Ricordi. Le altre differenze sono irrilevanti, qualche diteggiatura e qualche esercizio di approfondimento. Ci sono anche edizioni disponibili su imslp.org
Ciao a presto
Buongiorno,
La disturbo per una curiositá, sto seguendo il Beyer come adulto autodidatta e senza alcuna fretta. Credo peró che sia anche importante porsi obiettivi concreti e realistici e cercare di capire quali soddisfazioni si possono raggiungere dopo tanta applicazione. Mi domando quindi quale livello si raggiunge una volta completato il Beyer? Sufficiente per suonare, con un po’ di applicazione, spartiti di musica classica medio-facili come ad esempio “19 pezzi facili di Bach” oppure “70 classici facili per pianoforte” (Ricordi)? O forse per arrivare a questi livelli occorre completare anche il Duvernoy?
Grazie mille
Gianluca, terminato il Beyer avrà davanti a sé una vasta possibilità di scelta di pezzi facili da suonare. Avrà infatti sviluppato una buona lettura di entrambe le chiavi, superato le prime grandi difficoltà di indipendenza e imparato la tecnica elementare. Le consiglio di dedicarsi al Beyer con impegno, perché tutto quello che verrà dopo le darà sicuramente più soddisfazione. In bocca al lupo
Salve. Molto utile questa comparazione tra questi metodi. Immaginavo che il Beyer fosse al primo posto. Vorrei sapere cosa ne pensa del Thompson. Grazie e buona domenica.
Alfonso buongiorno. Non lo conosco, se vuole essere più preciso sul titolo del metodo, sarò felice di sfogliarlo e vedere com’è.
Io prediligo Beyer ma se posso come classico uso anche l’antologia Pianistica di Piccioli
Grazie per la lettura e il commento, ciao
Interessante la recensione su questi metodi che mi tro a sicuramente d’accordo. Ti riferisco brevemente la mia esperienza:
Beyer mai utilizzato poiché noioso e troppo fisso e lento;
Musigatto….vade retro!;
Bastien ho dovuto, a volte, usarlo poiché in possesso di alunni ereditati da altri dicenti (in classi ad indirizzo musicale) che avevano già tutti i vari testi iniziali (teoria, tecnica ecc.). I ragazzi, in realtà, li trovavo pigri nel leggere;
Mikrocosmos utilizzato solo per scegliere alcuni brani più accattivanti.
Ho lavorato con più tranquillità ed anche entusiasmo dei ragazzi con metodi che impostano la posizione di DO centrale (molto più funzionale per la lettura….che, personalmente, velocizzo facendo loro cantare le note ed educando da subito lettura cantata e orecchio) quali Alfred- Corso tutto in uno (solo il I vol.) e a metà libro inserire Aaron – Grade one ed.Belwin (sempre cantando) per la conoscenza della notazione anglo-sassone o internazionale. Quindi poi avanti come e quanto si vuole.
Ho avuto sempre dei risultati considerevoli senza noia sia da parte dei ragazzi sia dell’insegnante.
Ciao Paola, grazie per il tuo commento. Verificherò i metodi che suggerisci, si scoprono sempre nuove strade per suonare ed insegnare. Grazie!