Come funziona il pentagramma? A cosa servono le cinque linee da cui è composto? Il pentagramma serve in primo luogo per scrivere l’altezza e la durata del suono, ma contiene altre indicazioni che lo rendono un sistema quasi perfetto.
Fino all’inizio del secolo scorso, quando sono state inventate le tecnologie necessarie per registrare il suono, la musica è stata tramandata principalmente tramite il pentagramma. Il sistema si è evoluto e perfezionato per quasi mille anni, e questo rende la scrittura una delle lingue più antiche, ad essere ancora in uso.
Andiamo a ripercorrere brevemente la storia del pentagramma e della scrittura musicale, una storia appassionante che sta dietro le cinque righe che siamo abituati a vedere quando leggiamo la musica.
Gli antenati del pentagramma
Nei primi esperimenti di notazione, i segni (detti neumi) erano posizionati sopra il testo e fornivano un’indicazione vaga sul procedere della melodia. Vediamo qua sotto un esempio di notazione neumatica, notiamo che i segni sono posizionati in campo aperto, senza linee.

Questo tipo di scrittura musicale era rudimentale, forniva all’esecutore solo un vago promemoria e non era in grado di fissare in modo preciso l’altezza dei suoni e neppure la loro durata. Dall’evoluzione di questo sistema ne nacque tuttavia uno più preciso ed efficace, detto tetragramma, nel quale la musica veniva scritta su una matrice composta da quattro linee.

Nella lezione dedicata all’altezza del suono abbiamo sottolineato come sia d’uso comune considerare “alti” i suoni acuti e “bassi” i suoni gravi. Questa collocazione delle note nello spazio è arbitraria, tuttavia è molto antica perché già nei sistemi più antichi di notazione le note acute venivano scritte sopra le note gravi.
Il moderno pentagramma
Intorno al 1400 dal tetragramma si passò al moderno pentagramma, che utilizza cinque linee sulle quali si posizionano le note musicali. Più in alto è collocata la nota, più acuto è il suono. Questo sistema è rimasto in uso fino ad oggi ed ha conquistato anche culture musicali, ad esempio quella cinese e quella giapponese, che hanno una grande tradizione alle spalle e possiedono sistemi di notazione forse ancora più antichi, ma probabilmente meno efficaci e versatili del pentagramma.
Vediamo ora come funziona il pentagramma, in particolare per quanto riguarda la notazione dell’ altezza del suono.
Come funziona il pentagramma?
Su una griglia di cinque linee si posizionano delle figure dette note musicali. Le note possono essere collocate esattamente tra due linee, in modo che la nota le tocchi entrambe senza oltrepassarle. Parliamo in questo caso di note negli spazi. In alternativa, le note possono essere posizionate esattamente sopra una linea, in modo da essere “tagliate a metà” dalla linea stessa. In questo caso parliamo di note sul rigo.
Il significato delle note, ovvero a quale suono esse corrispondano, è dettato dal simbolo che sta all’inizio del pentagramma e che si chiama chiave musicale. La chiave musicale più utilizzata è la chiave di violino o chiave di sol, la quale indica che la nota posta sul secondo rigo del pentagramma (dal basso) è una nota Sol. Se guardiamo bene la chiave di violino, ci accorgiamo che il ricciolo è centrato proprio sulla seconda linea.
Dal punto di vista grafico, la chiave di violino deriva da una lettera G, che nella notazione medievale antica indicava proprio la nota Sol. Ecco dunque svelato il significato della chiave di violino: nota G (Sol) sulla seconda linea.
Una volta assegnata la nota Sol alla seconda linea, il nome delle altre note viene ricavato di conseguenza.
Come memorizzare la posizione delle note sul pentagramma
Per memorizzare la posizione delle note sul pentagramma può essere utile imparare separatamente le note negli spazi e le note sul rigo. Le note negli spazi sono quattro, il loro nome dal basso verso l’alto è Fa, La, Do, Mi, come possiamo vedere in questa figura.

Oltre ad imparare a memoria l’ordine delle note in senso ascendente, è bene memorizzare anche quello discendente, Mi Do La Fa. Dobbiamo dunque imparare a ricordare:
Note negli spazi:
- Ascendenti ↑ Fa La Do Mi
- Discendenti ↓ Mi Do La Fa
Le note sul rigo sono cinque, una in più delle note negli spazi. Infatti, su ciascuna delle cinque linee del pentagramma può essere posizionata una nota, mentre gli spazi delimitati dalle stesse cinque linee sono soltanto quattro.
Poiché per effetto della chiave di violino la seconda linea (dal basso) porta la nota Sol, la posizione delle altre note è la seguente:

Anche in questo caso è bene memorizzare le cinque note in senso ascendente Mi Sol Si Re Fa, ma anche le stesse note dall’alto verso il basso Fa Re Si Sol Mi.
Note sul rigo:
- Ascendenti ↑ Mi Sol Si Re Fa
- Discendenti ↓ Fa Re Si Sol Mi
Il pentagramma completo: note negli spazi + note sul rigo
Imparare separatamente le note negli spazi e le note sul rigo è solo un espediente mnemonico, in realtà le note sul pentagramma sono posizionate in fila, alternandosi una sul rigo ed una negli spazi.
Vediamole ora insieme sul pentagramma, notiamo che la posizione delle note ricorda quella di una scala, dove ciascuna nota poggia su un gradino.

Note con tagli addizionali
A queste nove note si aggiungono alcune note sopra e sotto il rigo. E’ come se il pentagramma proseguisse idealmente oltre le cinque linee, infatti le note sopra e sotto il rigo hanno un piccolo taglietto chiamato taglio addizionale, il quale può essere posizionato a metà nota, subito sopra o subito sotto. Andiamo a vedere le note con tagli addizionali, sotto il rigo e sopra il rigo:

L’espediente dei tagli addizionali è molto ingegnoso, l’alternativa sarebbe infatti quella di utilizzare una matrice con un numero superiore di linee, ad esempio per scrivere le note dell’esempio qua sopra, servirebbero quattro linee in più, due sopra e due sotto. Il risultato sarebbe una griglia di nove linee, e non c’è dubbio che interpretare le note al suo interno sarebbe molto più complicato.
In questo modo invece il rigo musicale è composto da un numero non troppo grande di linee e con un po’ di esercizio non è difficile imparare a leggere la musica (su questo sito è disponibile un corso di solfeggio jazz, predisposto per questo scopo).
Grazie all’impiego dei tagli addizionali il pentagramma rimane più essenziale e semplice, i tagli addizionali intervengono solo quando c’è l’effettiva necessità di scrivere note sopra o sotto al rigo.
La chiave di basso e il doppio pentagramma
Per poter scrivere una numero maggiore di suoni, al pentagramma in chiave di violino se ne aggiunge un secondo che usa una chiave differente, la chiave di basso. La chiave di basso serve per scrivere suoni con registro più grave rispetto alla chiave di violino, per questo si colloca al di sotto di quest’ultima. Entrambe le chiavi si incontrano sul Do centrale (evidenziato nell’immagine) in questo modo:

La chiave di basso si chiama anche chiave di Fa perché indica che la nota Fa deve essere posizionata sul quarto rigo (dal basso). Se guardiamo bene la chiave di basso, ci accorgiamo che i due puntini sono posizionati subito sopra e subito sotto il quarto rigo.
La chiave di basso deriva da una lettera F, che nella notazione medievale antica indicava proprio la nota Fa. Ecco dunque svelato il significato della chiave di basso: nota F (Fa) sul quarto rigo.
Entrambe le chiavi convergono sulla nota Do. La prima nota con un taglio addizionale posta sotto la chiave di violino, e la prima nota con un taglio addizionale posta sopra la chiave di basso, indicano entrambe la stessa nota, il Do, che viene chiamato Do centrale perché si trova esattamente al centro tra le due chiavi. La stessa nota Do si trova circa a metà del pianoforte.
Segni di ottava superiore ed inferiore
A completare del pentagramma, esistono infine dei segni detti “segni di ottava” i quali hanno l’effetto di alzare o abbassare di un’ottava i suoni che abbracciano. Ricordate, nella lezione precedente la metafora del palazzo dove le note si ripetono uguali su ciascun piano? Il segno di ottava è come un ascensore che sposta le note al piano superiore o inferiore.
Il segno ottava superiore si scrive 8va (ottava alta) e sposta le note all’ottava superiore, andiamo a vedere un esempio:

Le note scritte sul lato sinistro della figura, sotto al segno 8va, equivalgono a quelle scritte sul lato destro della figura, perché il segno di ottava ci indica che tutte le note da lui abbracciate vanno suonate all’ottava superiore.
Il segno di ottava bassa si scrive con 8vb e sposta le note all’ottava inferiore. Anche in questo caso, tutte le note abbracciate dalla parentesi vanno interpretate all’ottava inferiore rispetto a quanto scritto.

Le note scritte a sinistra della figura, equivalgono dunque a quelle scritte a destra.
La durata del suono, il pentagramma e i valori musicali

Il linguaggio musicale e la sua scrittura, il pentagramma, non hanno necessità di misurare la durata esatta dei suoni ma solo la loro durata relativa. Non ci interessa infatti quanto durano i singoli suoni presi uno per uno, ma la loro durata in relazione l’uno all’altro. I diversi valori delle note musicali servono proprio a questo scopo.
Proprio come accade per l’intensità, il pentagramma non intende registrare la durata effettiva di un suono, ma la sua durata relativa. Ci interessa quanto dura un suono in relazione ai suoni che lo precedono e lo seguono, e questa durata relativa dipende a sua volta dalla velocità di esecuzione del brano.
I valori musicali
Per indicare la durata dei suoni si utilizzano una serie di figure, le note musicali, che hanno l’una il valore doppio dell’altra: la prima figura (un ovale vuoto senza gambo) si chiama semibreve e vale il doppio della figura di minima (ovale vuoto, con gambo), che a sua volta vale il doppio della semiminima (ovale pieno, con gambo).

La semiminima a sua volta dura il doppio della croma, e così via. Dal punto di vista grafico, le altre note musicali sono simili alla semiminima: sono figure formate sempre da un ovale pieno con gambo, al quale si aggiunge però un numero crescente di code. La croma ha una coda, la semicroma due code, la biscroma tre code e la semibiscroma quattro code.

In passato si usavano anche altre figure dal valore maggiore (breve, longa) o minore (fusa e semifusa), figure che col tempo sono cadute in disuso. Vediamo ora lo schema completo, dalla semibreve alla semibiscroma.

Il sistema delle note è dunque binario: ciascun valore vale il doppio del successivo. A queste figure sono assegnati dei valori convenzionali, indicati con una frazione.
- La semibreve vale 4/4
- La minima vale 2/4
- La semiminima vale 1/4
- La croma vale 1/8
- La semicroma vale 1/16
- La biscroma vale 1/32
- La semibiscroma vale 1/64
A ciascuna figura musicale corrisponde inoltre una figura di pausa, che si usa per indicare un silenzio di pari durata. Esiste dunque una pausa di semibreve, una pausa di minima e così via. Ecco le diverse figure di pausa, dalla semibreve alla semibiscroma:

Vediamo quindi che sia le note musicali che le figure di pausa utilizzano una frazione. Tuttavia l’unità di misura principale per la scrittura della musica non è la semibreve, che vale 4/4 e dunque un intero, bensì la figura di semiminima, ovvero la nota da 1/4.
La musica ha le sue regole e le sue esigenze specifiche: la figura di 1/4, la semiminima, è l’unità di misura principale. Quindi, se in matematica 4/4 = 1, questo non è del tutto vero in musica, dove l’unità di misura è 1/4. La ragione di ciò risiede nel tempo, ovvero come le note vengono raggruppate all’interno di un brano musicale.
Il tempo in musica: la misura o battuta
Per indicare il tempo di una composizione musicale si scrive una frazione: il numeratore indica il numero di figure musicali, il denominatore il tipo di figura. Ad esempio, un tempo di 4/4 è formato da quattro figure di semiminima. Un tempo di 6/8 è formato da sei figure di croma.
I principali raggruppamenti sono il 2/4 (tempo binario), il 3/4 (tempo ternario) ed il 4/4 (tempo quaternario). Questi si chiamano anche tempi semplici. Esistono anche indicazioni di tempo basate su figure di croma a gruppi di tre, che si chiamano tempi composti. Per approfondire l’argomento vedi la lezione su tempo semplice e tempo composto.
Quando un brano musicale ha un tempo di 2/4, significa che per tutto il brano le figure musicali, note e pause, saranno suddivise in gruppi di 2/4. Questi gruppi di note si chiamano misura o battuta. Una volta stabilito il tempo di un brano, ovvero la grandezza delle misure musicali, queste potranno contenere una qualunque combinazione di valori, purché ciascuna misura contenga un valore di note (o pause) pari a quello stabilito.
L’indicazione di tempo si scrive al principio del rigo, subito dopo la chiave musicale. Ecco alcuni esempi di misure di 2/4, 3/4 e 4/4.

Negli esempi qua sopra, le misure contengono combinazioni diverse di suoni e pause, ma il totale di ciascuna misura è pari a quanto stabilito dall’indicazione di tempo a inizio rigo.
Ad integrare i diversi valori di suoni e pause, intervengono poi i segni di prolungamento del suono, che permettono di scrivere note e suoni di diverso valore. Andiamo a vede come funzionano i segni di prolungamento del suono.
I segni di prolungamento del suono
Abbiamo visto che il sistema di scrittura delle note musicali è binario: ciascuna nota vale il doppio delle precedente. A completare questo sistema binario intervengono tre segni di prolungamento del suono: il punto di valore, la legatura di valore e la corona.
Il punto di valore aggiunge alla nota metà del suo valore. Ad esempio, una figura di semibreve che da sola vale 4/4, con aggiunto il punto di valore assume un valore di 6/4 (esempio 1). Una figura di minima, che da sola vale 2/4, con il punto di valore assume un valore di 3/4 (esempio 2).

Il secondo segno di prolungamento del suono è la legatura di valore. Questa può legare un numero indefinito di suoni di altezza uguale (Do con Do, Re con Re ecc.) e ne somma il valore. In questo modo, un suono può assumere una qualunque durata. Nell’esempio 3 abbiamo legato una figura di semibreve (4/4) di semiminima (1/4), ottenendo un valore di 5/4. Le due note legate insieme producono un unico suono, che dura quanto la somma dei due suoni.
Il terzo segno di prolungamento del suono si chiama corona e prolunga il suono in modo indefinito. Questo segno dimostra ancora una volta che in musica non esiste una misurazione oggettiva e precisa: la corona prescrive di prolungare il suono oltre il suo valore, ma la durata effettiva di questo suono è lasciata all’esecutore, che deve interpretare questo segno in base al contesto musicale ed ai propri gusti e convinzioni.
Nell’esempio 4 vediamo un segno di corona sulla nota Do, la quale durerà “un po’ di più” del suo tempo normale.
Conclusioni: come funziona il pentagramma
Un breve riepilogo del contenuto della lezione, per ricordare come funziona il sistema di notazione basato sul pentagramma. Per scrivere l’altezza del suono, il pentagramma usa dunque:
- Una griglia composta da cinque linee sovrapposte, chiamata pentagramma
- Dei segni posti dentro, sopra o sotto il pentagramma, chiamate note musicali
- Le chiavi musicali, poste all’inizio del pentagramma, che consentono di abbinare due pentagrammi creando il doppio pentagramma
- Dei segni di ottava (8va e 8vb) che “spostano” le note musicali un’ottava sopra o un’ottava sotto quelle scritte
Per quanto riguarda la durata dei suoni, abbiamo visto che:
- Il sistema della notazione non intende registrare la durata effettiva dei suoni ma la loro durata relativa
- I suoni sono raggruppati in battute o misure musicali, la cui grandezza è indicata al principio del brano musicale da una indicazione di tempo
- Il valore delle singole note musicali è variabile tra 4/4 (semibreve) e 1/64 (semibiscroma)
- I singoli suoni o pause possono essere affiancati da segni che ne aumentano il valore, chiamati segni di prolungamento del suono: punto di valore, legatura di valore e corona.
C’è qualcosa di importante a proposito del pentagramma e della scrittura che ho dimenticato di prendere in considerazione? Come sempre, aspetto le tue domande o commenti sulla lezione.
Interessante teoria complimenti..☘☘☘
Valeria grazie per la visita e la lettura, a presto
Ciao Leo,leggo sempre con interesse le tue lezioni. Ripassare la teoria per imprimere nella mente i suoi concetti basilari, è sempre buona cosa. Ti chiedevo se ti è possibile fare una lezione sugli intervalli basata sulla teoria di Pitagora, che aiuterebbe la lettura veloce degli stessi. Grazie e a presto.
Se non sbaglio i pitagorici proponevano l’accordatura basata sulle frazioni: 1/2 ottava, 2/3 quinta, 3/4 quarta ecc. Però non ne so molto di più! Cari saluti, ciao
salve, mi porgo una domanda cosa indica la testa della nota sul pentagramma?
Buongiorno Maria, la testa della nota indica la durata del suono. Sul sito c’è un corso di teoria musicale che spiega bene queste cose. Per vederlo deve registrarsi, ma il corso è gratuito. A presto
Buongiorno, interessante con chiara esposizione, leggendo questo articolo mi sorge una domanda, sicuramente banale: la scala maggiore da dove è scaturita? Grazie anticipatamente.
Ciao Franco, la scala naturale può essere ricavata dai suoni armonici oppure con relazioni matematiche applicate alla lunghezza di una corda: 1/2 (ottava), 2/3 (quinta), 3/4 (quarta). Questo sistema è quello dei pitagorici, credo sia il più antico. Se vuoi qualche altro dettaglio vedi https://www.leoravera.it/scala-maggiore-guida-allo-studio/